Ddl cyber security, l’Italia potenzia la guerra al cybercrime ma non basta: ecco perché!
Pene raddoppiate da 1-5 a 2-10 anni di reclusione per l’accesso abusivo ai sistemi informatici. Fino a 2 anni di reclusione e sanzioni pecuniarie oltre la soglia dei diecimila euro per chi detiene o fornisce programmi per mettere fuori uso sistemi informatici. Il Ddl cyber security estende l’obbligo di notifica entro 24 ore degli incidenti alle PA centrali e una pletora di soggetti pubblici. Tuttavia non c’è alcuna rivoluzione. Ecco perché e cosa invece sarebbe necessario
Giornalista
Il Ddl cyber security è stato approvato oggi dal Consiglio dei ministri.
Dall’attuale bozza di testo (nell’attesa dell’uscita in Gazzetta Ufficiale) e in base alle dichiarazioni del Governo emerge un giro di vite contro i cyber criminali, per rispondere all’aumento di cyber attacchi, non solo contro le Pmi, l’ossatura economica del Paese, ma anche il sistema sanitario italiano, il settore finanziario e la PA. La manifattura è in testa ai settori più colpiti, ma aumentano anche gli attacchi al mondo financial/insurance.
Le pene, dunque, si inaspriscono sia sul fronte reclusione per l’accesso abusivo ai sistemi informatici che introducendo maxi sanzioni pecuniarie anche per chi detiene o fornisce programmi in grado di danneggiare sistemi informatici.
“Il Ddl cyber mira ad innalzare il livello complessivo di sicurezza del sistema Paese e lo fa anche rivolgendosi principalmente alle infrastrutture della Pubblica Amministrazione, vero tallone di Achille dell’Italia sotto il fronte sicurezza informatica – commenta Pierluigi Paganini, analista di cyber security e CEO Cybhorus -. Mancanza di fondi e competenze reali hanno esposto le strutture pubbliche ed i dati dei cittadini a troppi incidenti negli ultimi anni“.
Ma la novità più importante è l’estensione a pubblica amministrazione centrale, regioni, comuni, Asl e a una pletora di soggetti pubblici dell’obbligo di notifica entro 24 ore degli incidenti di sicurezza.
Vediamo i punti salienti, anche se bisogna smorzare l’entusiasmo. Infatti “il DDL discusso oggi non rappresenta tanto una rivoluzione, quanto un adeguamento di una normativa non più attuale, e un’indicazione della direzione in cui si sta muovendo il governo, che può rappresentare un anticipo dell’impatto certamente più ampio che dovrà avere il recepimento della Direttiva NIS2“, osserva Claudio Telmon, Senior Partner – Information & Cyber Security presso P4I – Partners4Innovation.